Un paesaggio da fabia merita una "Vedetta"

Una piana, quella del Biscurri e due splendide montagne per un anello indimenticabile


Una montagna piccola ma una montagna vera: ecco, volendo definire in due parole questo si può dire della cima che domina la Piana di Biscuri, di recente battezzata dagli appenninisti “La Vedetta” essendo per certo un luogo molto panoramico. Sarà forse per l’aver fatto questa escursione subito dopo la prima nevicata della stagione, sarà per le nuvole basse che correvano portate dal vento in quota, sarà per tutte queste cose ma l’impressione è stata quella di esser saliti ben oltre i 2.007 metri di questa cima che appare forse un pò sminuita solo perché circondata dalla ben più frequentata Meta e dal ruvido Monte Tartaro, che è stato anch’esso oggetto di visita in questo primo assaggio d’inverno. L’escursione proposta prende il via dalla pianoro di Campitelli, un ambiente molto bello dove già al primo mattino fervono in questa stagione le attività di raccolta della legna dal bosco con tecniche e mezzi che appartengono a tempi passati, ma che inevitabilmente rimarranno immutabili anche nel futuro: non macchine infatti ma solo gli uomini ed i cavalli docili e dall’inesauribile forza, gli unici a potersi addentrare lungo le tracce irte nelle faggete per riportare a valle la legna, preziosa materia che da sempre scalda le case di queste montagne negli inverni inclementi; e poiché non abbiamo fretta ci si prepara con calma vivendo questo primo momento. In fondo una giornata in montagna è fatta di tanti momenti, ed anche il rituale degli zaini e degli scarponi ne è parte. L’inizio dell’escursione è subito coinvolgente: un’ampia sterrata coperta di morbido fogliame e qualche traccia di neve si snoda tra alberi altissimi su cui campeggiano frequenti i segnavia che stanno a dire che siamo lungo un percorso assai frequentato, e di sicuro lo è in estate per salire al valico dei Monaci ma oggi nel mezzo di una settimana di autunno avanzato oltre noi tre non c’è proprio nessuno. Procediamo nel silenzio rotto all’improvviso dal suono di un torrentello che scende poco sotto il sentiero, a parte questa presenza che ci accompagna per un tratto di strada null’altro, solo i nostri passi. Dopo nemmeno un’ora circa di cammino sul lato opposto del fosso lungo cui stiamo salendo si intravede il Rifugio della Vedetta nei pressi del corso d’acqua che nasce poco più in alto dalla sorgente dei Tartari; da quel punto il bosco inizia a diradarsi ed in breve ci si trova alla base del vasto vallone di Biscuri proprio al cospetto della nostra vetta. L’uscita dalla faggeta ci riserva un’ultima sorpresa: la neve della notte deve essere scesa sotto l’azione del vento e così sul i fusti degli alberi descrivono un originale disegno che rimaniamo a rimirare per un pò prima di uscire definitivamente allo scoperto; appena fuori un vento energico e veloci nuvole basse ci annunciano quella che sarà l’atmosfera della giornata, quasi invernale, alla fine sarà stata affascinante anch’essa nonostante il sole si sarà fatto vedere ben poco. Dal basso La Vedetta appare assai imponente con impervi torrioni rocciosi che emergono da ripidi brecciai; dopo qualche valutazione decidiamo di non traversare i brecciai dove a tratti forse si intuisce una traccia bensì affrontiamo il versante che abbiamo di fronte salendo dritto per dritto e puntando ad un tratto di cresta ad est della vetta su cui si intuisce un varco in cui passare in sicurezza: l’ascesa di questo primo breve tratto ha richiesto un po’ di attenzione perchè resa scivolosa dalla neve fresca e cedevole e ci siamo di quando in quando dovuti aiutare con le mani per avere una presa più sicura. Dopo aver guadagnato un centinaio di metri di quota siamo finalmente a cavallo dell’ampia dorsale puntando in direzione della cima ormai poco distante; ogni tanto le nuvole si diradano e la vista riesce a spaziare lontano verso est mentre dal lato opposto non si intuisce alcunchè, nubi impenetrabili arrivano di continuo dal lato della Meta e dal Tartaro le cui vette rimangono celate alla nostra vista … va comunque benissimo ed il senso di soddisfazione per avere deciso di venire quassù cresce in noi metro dopo metro, verso l’ultimo sperone di roccia che segna il punto più altro da salire di questa montagna. Una volta sulla cima riusciamo a fare qualche scatto nei rari momenti di maggiore visibilità, certo che da qui in una giornata di sole la visuale a nord fino al Petroso deve essere proprio un gran bel panorama!! Dopo aver salito La Vedetta anche se il tempo è un pò incerto decidiamo di salire almeno sul Monte Tartaro e dunque ci dirigiamo dalla parte opposta rispetto a quella da cui siamo arrivati per andare ad intercettarne la cresta nord-est percorrendo un lungo tratto in piano fino a portarci sulla linea di cresta che sovrasta la Valle Lunga con una visuale diretta sul complesso delle cime che arrivano sino al Petroso che solo per brevi momenti si lasciano osservare. Una volta giunti sotto all’impianto sommitale del Tartaro la cresta si impenna ed appare a tratti impervia, presentando un fondo abbastanza sconnesso; oggi con la neve instabile appena scesa i passaggi attraverso la distesa di grossi massi che separa dalla vetta andranno ricercati con maggiore attenzione. Ed è proprio mentre stiamo per arrivare in vetta che si apre miracolosamente un varco tra le nuvole e si svela l’ometto della cima ormai a portata di mano, nonchè l’ampio anfiteatro tutto innevato che dal Tartaro arriva fino al Monte Altare ed è un’immagine davvero formidabile! La sosta in vetta dura giusto il tempo di qualche foto ricordo sotto un vento battente e poi ripieghiamo scendendo lungo il crinale in direzione della Meta che sarebbe stata l’ultima cima del giro ma la nebbia sempre più persistente ed il fondo non ottimale con neve cedevole ci sconsigliano nel proseguire, anche perché di li in avanti non ci sarebbe un gran che da riuscire vedere; così giunti nei pressi del punto di massima depressione del crinale scendiamo in direzione del pianoro sottostante puntando ad un piccolo specchio d’acqua presso cui sostare al riparo dalle intemperie per mettere qualcosa sotto ai denti. Per ritornare ad intercettare il sentiero L1 in corrispondenza del punto in cui questo rientra nel bosco non rimane che attraversare il vasto piano di Biscuri: sono un paio di chilometri da percorrere a vista sempre sotto un vento che non da pace fin quando, nei pressi della faggeta torna insperato il sereno ed alle nostre spalle beffarda la Meta ed il suo Gendarme appaiono all’orizzonte! E’ l’occasione per fare ancora qualche foto alle linee delle rocce sommitali della Vedetta, dopo di che ci immergiamo nella boscaglia per il ritorno veloce al pianoro di Campitelli. E’ stata una bella camminata, varia ed in ambienti suggestivi in quanto innevati di fresco; da rifare magari in una giornata di sole per poter godere appieno dei panorami sul versante orientale di queste montagne, così diverso e più roccioso rispetto a quello che si osserva salendovi dal versante laziale del Parco.